“Anoressia e bulimia tra i banchi di scuola”. Se ne è discusso venerdì 28 marzo al Castello al service organizzato dal Kiwanis Club di Casale Monferrato con la partecipazione di esperti, medici, operatori scolastici.
Salute fisica e psicologica, gli adolescenti mangiano in modo sbagliato, scorretto, tendenza che innesca comportamenti sbagliati a scuola, ma prima di tutto a casa, luogo primario da dove deve partire un’alimentazione consona allo stile divita.
”A settembre – ha introdotto il dibattito la presidente Patrizia Melanti – organizzeremo un convegno su vasta scala perché Casale Monferrato è brava a fare rete”.
L’assessore alle politiche giovanili, sociali e famigliari Irene Caruso ha detto che la scuola è un luogo sicuro che tra i compiti ha quello di offrire strumenti per favorire il benessere psicologico.
L’assessore all’Istruzione e al Lavoro Fiorenzo Pivetta ha aggiunto: “Spesso mi reco in mensa: il pranzo è un momento di festa, ma il problema di fondo è rappresentato dalla famiglia che spesso genera disagio e che deve invece riappropriarsi dei figli”.
Corrado Rendo: “Casale Monferrato è all’avanguardia nel campo delle iniziative scolastiche. Dove ci siamo persi? La pandemia ha scaturito una serie di problematiche sociali che ha dato luogo a disagi mentali nei ragazzi e adolescenti.
Il report è impressionante: il 20% di loro ha problemi emotivi e di disagio sociale.
Un fenomeno in crescita, salito da 2 a oltre 3 milioni in campo nazionale”.
Bulimia e anoressia: due facce della medaglia che conducono alle stesse problematiche, anche se con motivi scatenanti diversi: la bulimia è il disturbo più presente nei maschi e conduce spesso al bullismo; l’anoressia è maggiormente presente nelle femmine. Entrambe le forme portano comunque ad un comun denominatore: il disagio sociale.
È ancora Rendo che parla: “L’educazione alimentare è al primo posto per importanza e, nel contribuire a comunicare corretti stili riguardo al cibo, riveste un ruolo ancora più importante della salute. Ecco allora che diventa fondamentale sensibilizzare gli operatori sulla dimensione del fenomeno e in questo compito conta più la figura dello psicologo di quella del medico. Serve individuare i casi, dare ai ragazzi alle prese con il disagio un messaggio di supporto (so che stai male, io ti auto) coinvolgendo i genitori. Di bulimia e anoressia si guarisce, ma resta spesso in piedi lo spettro della ricaduta”.
Dalla medicina alla scuola. Riccardo Rota, preside del Sobrero, ha detto che quello della prevenzione rappresenta il ruolo principale della scuola primaria, “per le superiori il compito è più difficile in quanto non esistono strutture ad hoc. Durante il pranzo, occorre creare uno spazio di aggregazione e intercettare i bisogni attraverso gli sportelli di ascolto. Il Sobrero ha triplicato i fondi. Formare i docenti, aiutare i ragazzi ad aprirsi. La solitudine porta alla chiusura e li fa entrare nel mondo virtuale che reca insidie e pericoli anche irreversibili, La scuola intercetta, aiuta le famiglie, ci sono ragazze ricoverate. C’è una grande ‘fame d’amore’ con richieste di attenzione che, se inascoltate da parte delle famiglie, portano a fenomeni di autolesionismo.
Lucia Passioni, insegnante all’Istituto Leardi, si è soffermata su due aspetti: l’inattività fisica, e le problematiche connesse all’alimentazione.
“Manca l’attività fisica, io insegno ai miei allievi come si fa la spesa, come districarsi tra le offerte e saper leggere correttamente le etichette dei prodotti. Educarli al sano movimento e alla sana alimentazione è molto importante. ‘la corsa contro la fame ai giardini con finalità benefica è un progetto che sta portando avanti il Leardi. Poi bisogna incrementare le scienze motorie”.
Andrea Giordano, insegnante del Ciofs, si è soffermato sul dismorfismo, il disagio, la perdita dell’identità. E, per introdurre questi temi, ha citato ‘Adolescence’, la recente miniserie televisiva britannica del 2025 ideata da Jack Thorne e Stephen Graham diretta da Philip Barantini su Netflix, il dramma e la cruda realtà di un fenomeno.
Cibo per autocommiserarsi e chiusura mentale. Marina Giunipero, socio-assistenziale ASL AL, “Il fenomeno è difficile da individuare ed è trasversale in ogni ceto sociale: ci sono ragazze che vanno bene a scuola ma soffrono di anoressia e questo rende difficile la diagnosi. Vogliono essere perfette sotto l’aspetto fisico ma sprofondano nel disagio e nei problemi legati all’alimentazione”. Cosa fare allora? “Lavorare sulla prevenzione, come fa il Socio-assistenziale, assieme al Consultorio, lavorare fin da quando sono piccoli, senza considerare il cibo come merito o punizione (Ti dò una caramella oppure no secondo come ti comporti). Spesso si arriva tardi, con le famiglie impreparate che non sono come affrontare i problemi”.
Di corretta alimentazione ha parlato Roberta Buosi, Direttore della Oncologia del Santo Spirito: “Come Oncologia e come Andos portiamo avanti progetti di prevenzione per fornire corretti stili di vita tra i quali c’è ovviamente l’alimentazione. Esiste una cattiva nutrizione: in eccesso e in difetto. La piramide alimentare è un modello da seguire, l’apporto proteico è fondamentale, la dieta non deve essere sbilanciata, quella mediterranea è la migliore, lo stile americano del fast food fondato sul ‘non c’è tempo per cucinare’ non va bene. Un altro fattore rischio è quello dato dalla sedentarietà ma anche per quanto riguarda l’alimentazione le differenze economiche sono purtroppo impattanti.
Aiutare le disparità sociali”. Miriam Manassero, Job Academy, il ruolo dei social condiziona molto i ragazzi: occorre saper veicolare correttamente le notizie.
Renza Marinone, pedagogista titolare di I care family, si è soffermata sulla famiglia: “C’è troppa fretta di fare tutto, manca l’attenzione per i figli, manca la capacità di dare amore, e questo indipendentemente dalla cultura che si è in grado di avere. Ci sarebbero meno anoressiche. Tante famiglie sono inadeguate in questo compito: ti ho dato soldi, motorino ma…Importante il ‘Progetto Genitorialità’ per fornire i mezzi per affrontare il problema”.